Oltre ai fiumi di parole, ancora pochi sono i passi *avanti fatti per raggiungere la parità di genere nel mondo del lavoro. Quando si arriverà davvero a una vera parità nelle varie regioni del globo?
Parole, parole, parole canta Mina in una sua famosa canzone. Fiumi di parole tutti gli anni il giorno 8 Marzo, ma poi nulla cambia. Per chiudere il divario di genere ci vorrà ancora un secolo all’attuale ritmo del cambiamento e il Covid-19 ha reso tutto ancora più difficile. Qualche passo in avanti si è fatto, ma troppo pochi.
Il tema della Giornata internazionale della donna 2021 è “Le donne in un mondo del lavoro in evoluzione: verso un pianeta 50-50 nel 2030”. Lo scopo è promuovere il raggiungimento dei traguardi fissati dall’Agenda 2030 delle Nazioni unite per lo sviluppo sostenibile. Il focus è sugli obiettivi numero 5 e 4. Il primo riguarda l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne, un termine quest’ultimo che non è facilmente traducibile in italiano e “indica l’insieme di azioni e interventi per rafforzare il potere di scelta degli individui e aumentarne le responsabilità, migliorandone le competenze e le conoscenze” (fonte: Treccani). Il secondo goal (n. 4) è incentrato sull’accesso globale alla formazione di qualità e all’apprendimento continuo.
Rischio Covid-19
La pandemia di Covid-19 ha posto nuove sfide a governi e imprese per il raggiungimento di questi obiettivi. Secondo i dati Onu, solamente due terzi dei paesi nelle regioni più sviluppate hanno raggiunto la parità di genere nell’educazione primaria. Inoltre, la presenza femminile in posizioni lavorative al di fuori del settore agricolo è aumentata appena del 6% dal 1990 al 2015 e in soli 46 paesi nel mondo, alle donne è stato assegnato più del 30% dei seggi nei Parlamenti in almeno una delle camere. I progressi degli anni passati rischiano di essere cancellati dagli effetti del Coronavirus sulla vita quotidiana e l’economia.
Secondo le statistiche di UN Women, in Europa e Asia centrale, oltre il 15% delle donne ha perso il lavoro e un altro 41% ha visto ridursi lo stipendio tra aprile e giugno 2020. Il calo si è registrato anche in altre aree, incluso il nord America. Inoltre, la remunerazione femminile è il 77% di quella maschile a livello mondiale e al ritmo con cui il divario si sta chiudendo, non arriveremo alla parità prima del 2069 (dati International trade union confederation). Le donne ai vertici delle aziende sono ancora poche e difficilmente si potrà raggiungere l’equità prima della metà di questo secolo se le cose non cambiano.
Cento anni di divario di genere
Il rapporto Gender gap 2020 del World economic forum (Wef) rivela che ci vorranno quasi cento anni per chiudere il divario di genere e i tempi si allungano drasticamente se consideriamo la partecipazione alle attività economiche e le opportunità lavorative, perché nell’ultimo anno ci sono stati passi indietro. A livello globale, la parità di genere è al 68,6%, ma i dieci peggiori paesi nella classifica del Wef hanno chiuso solo il 40% del gap. L’Italia è 76° su 153 stati e ha perso sei posizioni tra il 2018 e il 2019.
Le disuguaglianze pesano sul sistema economico.
Il McKinsey Global Institute ha stimato nel 2015 che il prodotto interno lordo globale potrebbe crescere di 12 mila miliardi di dollari entro il 2025 se aumentasse l’equità di genere. Inoltre, la maggior partecipazione femminile al lavoro negli Stati Uniti ha contribuito a 2 mila miliardi di dollari di Pil dal 1970, una somma che sarebbe stata più elevata con meno disparità.
Passi avanti troppo piccoli
Nel Regno Unito, le posizioni nei consigli di amministrazione (Cda) delle aziende che compongono l’indice Ftse 350 alle donne sono assegnate il 34,4% ,con un incremento del 50% in cinque anni.
La presenza femminile in ruoli di leadership è cresciuta dal 24,5% del 2017 al 29,4% (dati Hampton-Alexander Review).
Negli Stati Uniti, il 52% delle società del Russell 3000 index hanno il 20% o più di donne nei Cda (erano il 43% nel 2018), secondo il report 2020 Women on Boards Gender Diversity Index. In Italia, la legge Golfo-
Mosca sulle quote rosa ha permesso di fare un passo in avanti. Il rapporto Cerved-Fondazione Marisa Bellisario 2020 rivela che la presenza femminile nei board delle imprese quotate è passata dal 5,9% del 2008 al 36,3% del 2019; ma sono solo 14 gli amministratori delegati-donne.
Per fortuna, sono in aumento, le richieste di trasparenza sulle politiche e strategie di genere nelle aziende sia da parte degli investitori, attraverso l’azionariato attivo e l’esercizio di voto nelle assemblee; sia da parte delle autorità regolamentari.
Il divario di genere nelle diverse regioni del globo Gli anni necessari per superarlo
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