Catalexit si o no? Un’eventuale scissione della Catalogna da Madrid, quale impatto avrebbe su mercati ed Euro?
Oltre due milioni di cittadini della Catalogna hanno votato per il referendum sull’indipendenza della Catalogna (capitale Barcellona) e il 90% ha espresso giudizio favorevole per l’indipendenza da Madrid, ma la decisione non è ancora stata presa. Intanto gli analisti tracciano ipotetici scenari per mercati ed Eurozona nel caso fosse l’indipendenza diventasse realtà. Ecco cosa ne pensano analisti e gestori:
“In linea teorica, -dice Alfonso Maglio, Responsabile Ufficio Studi di Marzotto Sim, – una secessione indebolirebbe i titoli governativi spagnoli. Inoltre l’indice azionario spagnolo IBEX sarebbe percepito come maggiormente rischioso e oggetto di vendite, mentre l’Euro perderebbe terreno se la situazione dovesse riportare alla mente degli investitori il timore dell’Euro brake up.
“Incertezza, è quanto porterebbe la Catelexit , – dice Marco Vailati, Responsabile Ricerca e Investimenti di Cassa Lombarda, –La Spagna è il quarto principale paese della zona Euro e la Catalogna rappresenta tra il 20 e il 25% del paese, a seconda della grandezza che si prende in considerazione tra Pil, occupati, ecc.Inevitabile quindi che una separazione della Catalogna dal resto del paese, e probabile conseguente iniziale uscita dall’Euro, determinerebbe discontinuità e confusione che danneggerebbero la crescita economica in corso. Non avendo precedenti a riferimento e non conoscendo anticipatamente le modalità dell’eventuale separazione, è difficile quantificare ex ante l’entità di tali danni. Tuttavia, va considerato che oltre ai danni diretti, l’evento avrebbe sicuramente anche ripercussioni indirette, alimentando le forze populiste e indipendentiste in tutta l’Eurozona”.
Catalexit è un’ipotesi possibile o improbabile?
“Improbabile. – dice Marco Vailati,- Stando all’applicazione letterale della costituzione spagnola, Catalexit non dovrebbe essere possibile. Una minoranza etnica che volesse staccarsi dal resto della Spagna dovrebbe infatti prima ottenere la modifica della costituzione e poi avanzare le proprie richieste in via formale legislativa attraverso i propri rappresentati. In questo senso, quindi, il risultato di questo referendum non è applicabile. Ciononostante non si può non ammettere che esiste una forte corrente separatista che gli organi centrali devono gestire. cercando di evitare la contrapposizione rigida. Si sa, infatti, che i grandi cambiamenti possono anche avvenire in modo traumatico al di fuori della legge. Al referendum ha votato solo circa il 42% degli elettori e tra questi ha prevalso il SI all’autonomia col 90% dei voti, che sono tanti in proporzione ai partecipanti, ma ancora solo il 37.5% del totale. La soluzione razionale migliore sarebbe la concessione di maggiori autonomie locali ma potrebbe non essere sufficiente a placare le attese più radicali ed evitare lo scontro”.
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