Crisi energetica, inflazione, tensioni geopolitiche stanno mettendo a rischio la crescita, ma attualmente la maggior parte delle banche centrali sembrano più preoccupate per l’inflazione che per la crescita messa. Quali possono essere le conseguenze? Lo spiega Stefan Rondorf, Senior Investment Strategist di Allianz Global Investors
Pieno di energia
Così come nell’emisfero settentrionale le varie ondate di calore di quest’estate caricano ogni volta l’aria di energia, così un nuovo fattore di incertezza sul fronte politico europeo rende l’atmosfera elettrica: si stanno inasprendo i problemi per l’approvvigionamento di energia e in particolare di gas naturale. In risposta alle ridotte e quantomeno incerte esportazioni di gas dalla Russia, a fine luglio gli Stati membri dell’UE si sono accordati su un piano d’emergenza sulle forniture di gas a partire dal mese di agosto.
La pressione a trovare un compromesso proviene anzitutto dal deterioramento delle previsioni economiche. Ad esempio, per il 2023 la Bundesbank tedesca prevede in uno scenario di rischio (che contempla un’interruzione totale delle forniture di gas naturale russo e quindi pesanti ripercussioni sulla produzione industriale) una perdita di oltre il 6% del PIL tedesco rispetto ad uno scenario di base. Una simile evoluzione scatenerebbe una grave crisi economica nell’intero continente. Crisi che si tenta per lo meno di mitigare sensibilmente mediante un risparmio preventivo di gas naturale, ma anche tramite la ricerca di nuovi fornitori.
Prezzi del gas alle stelle
Data la situazione complessa, i prezzi del gas restano molto elevati, a differenza dei prezzi di molte altre materie prime che sono recentemente diminuiti – primo indizio di un indebolimento delle prospettive economiche e quindi anche di una lieve attenuazione delle pressioni inflazionistiche.
Ciononostante, le banche centrali impiegano tuttora molte energie per contenere le attese inflazionistiche e contrastare un’inflazione ancora persistentemente elevata.
In luglio la Banca Centrale Europea (BCE) ha infatti avviato, seppur con un certo ritardo, il ciclo di inasprimento dei tassi ponendo fine all’era dei tassi di deposito negativi con un rialzo di mezzo punto percentuale. Al contempo ha allestito una sorta di “rete di sicurezza” proprio all’inizio del ciclo di inasprimento.
La BCE ha infatti varato un nuovo strumento che le consentirebbe di intervenire nel caso in cui gli spread dei Paesi dell’Europa meridionale superassero i livelli giustificati dai fondamentali, purché lo Stato in questione si attenga alle regole di bilancio dell’UE. A una prima valutazione sorge qualche dubbio sull’effettiva efficacia di tale strumento all’atto pratico.
Nel frattempo, gli investitori dei mercati azionari hanno rivolto l’attenzione alla pubblicazione dei risultati aziendali del secondo trimestre. Alla vigilia della stagione dei bilanci l’evoluzione delle stime di utili si può letteralmente definire alimentata dall’energia. Infatti, da mesi le previsioni degli utili sono sostenute quasi esclusivamente dal settore energetico, dato che la fiducia è già diminuita, soprattutto nel caso delle aziende che dipendono dai consumi. A seguito della flessione degli indicatori anticipatori, proprio in occasione della pubblicazione dei bilanci potremmo assistere a un aumento delle revisioni al ribasso delle stime di utili.
Revisioni che potrebbero essere in parte, ma forse non del tutto, scontate nel calo delle quotazioni azionarie. Un buon motivo per mantenere la prudenza sui mercati finanziari. Detto questo, finora ogni crisi del passato ha anche offerto nuove opportunità.