Rendimenti a due cifre per i fondi azionari che investono sulle energie rinnovabili. Seguono gli azionari specializzati in società scandinave, cinesi e coreane. In Europa si distinguono le pmi. E nel reddito fisso?
A resistere brillantemente alla pandemia, al difficile contesto economico e ai vari problemi geopolitici, nel terzo trimestre, sono stati gli investimenti nelle energie rinnovabili che hanno messo a segno un rendimento a tre mesi di oltre il 21% e del 24,63% nei primi nove mesi dell’anno. Confermandosi come una promessa per il futuro
Al secondo e al terzo posto si trovano i fondi che investono nelle società nordiche, cinesi e coreane, quotate sulle Borse di Shanghai e Shenzhen e Borsa coreana.
Le energie rinnovabili sono il tema d’ investimento del futuro, grazie alle pressioni regolamentari che spingono verso la transizione di un’economia più pulita: il piano straordinario per la ripresa dell’Unione europea, noto come Recovery fund e il Green deal.
Secondo le stime della Banca europea, per raggiungere tre grandi obiettivi climatici ed energetici entro il 2030, vale a dire la riduzione del 40% delle emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 1990, un risparmio di energia pari a un terzo del consumo attuale a parità di condizioni e la copertura di almeno il 32% del fabbisogno energetico tramite energia da fonti rinnovabili, nell’Unione europea saranno necessari investimenti tra i 175 e i 270 miliardi di euro all’anno.
La ricetta nordica
I buoni rendimenti delle società dei paesi nordici si spiegano con la buona gestione della prima ondata della pandemia. Secondo Jonas Lindmark, caporedattore di Morningstar in Svezia, i buoni risultati si spiegano anche con i bilanci in salute delle banche nordiche. Vedremo però i risultati del quarto trimestre, con i contraccolpi della seconda ondata della pandemia
La ricetta cinese
Per quanto riguarda i fondi azionari specializzati nelle società cinesi, i risultati riflettono la ripresa dell’attività economica dopo il lockdown, grazie al successo delle misure di contenimento dell’epidemia. La vita sta tornando alla normalità e il paese sta affrontando anche importanti cambiamenti.
“I cinesi stanno comprando sempre più prodotti locali”, dice Stefan Breintner, Deputy Head of Research & Portfolio Management di DJE Kapital. “I crescenti consumi interni probabilmente costituiranno il driver più importante e, allo stesso tempo, l’elemento stabilizzante della crescita economica cinese nei prossimi anni. Al momento rappresentano circa il 38% del Pil (Prodotto interno lordo) cinese. Nelle nazioni industrializzate occidentali, la quota spesso arriva al 70%. Concentrandosi sui consumi domestici e promuovendo specificamente alcune regioni e tecnologie, la Cina vuole rendere la propria economia più indipendente dall’estero. La promozione di tale indipendenza probabilmente sarà un obiettivo dichiarato del quattordicesimo Piano quinquennale, che sarà introdotto a marzo 2021”. C’è poi da mettere in conto le tensioni commerciali con gli Stati Uniti. Si vedrà se ci saranno degli allentamenti con la elezione di JoeBiden.
E l’ Europa?
Tra le categorie di fondi specializzate sull’Europa, nel terzo trimestre, si sono distinte le società di media e piccola capitalizzazione, che hanno messo a segno rialzi medi intorno all’8%.
Nel segmento delle large cap, si sono distinti i fondi gli strumenti orientati alla crescita growth (+4,6%), mentre i value hanno chiuso in rosso (a -0,98%). I primi sono tornati in territorio positivo da inizio anno, mentre i secondi restano in profondo rosso. Lo stile growth è stato top performer anche tra gli azionari internazionali e statunitensi.
Sui mercati azionari, nel complesso, brilla il segno più
In generale, il terzo trimestre, è stato positivo per i mercati azionari.
L’indice Morningstar global markets ha guadagnato il 3%, quello statunitense il 4,2% e l’europeo lo 0,12%.
Segno più anche per le Borse emergenti (+3,6%).
Da notare che nell’analisi di Morningstar tutte le performance sono riportate in euro, ma chi avesse investito su Wall Street i rendimenti in dollari sarebbero stati superiori. Nel trimestre, infatti, il biglietto verde si è indebolito rispetto alla moneta unica. Se il 1° luglio un dollaro valeva 0,89 euro; al 30 settembre il cambio era di 0,85.
Chi vince nel reddito fisso
Tra i fondi con valuta di riferimento l’euro, i migliori nel terzo trimestre, sono stati quelli specializzati sulle obbligazioni a lungo termine, seguiti da high yield, corporate bond e strumenti diversificati.
I comparti con focus sui governativi hanno segnato un incremento medio dell’1,24%.
Sono negative, invece, le performance in euro del reddito fisso in dollari, a causa del rapporto di cambio tra le due valute. “I titoli governativi Usa e Germania scontano appieno la recessione e presentano un potenziale di protezione dalla volatilità delle attività di rischio molto limitato”, si legge nella pubblicazione The Globe di Eurizon. “I titoli tedeschi, inoltre, hanno flussi cedolari negativi. Gli spread sono in discesa dopo il balzo di marzo, ma ancora superiori ai livelli pre-shock. I titoli governativi della periferia dell’Eurozona offrono un flusso cedolare positivo interessante a fronte di tassi tedeschi negativi. Le obbligazioni investment grade, high yield e dei mercati emergenti hanno spread elevati rispetto ai livelli pre-Covid”.
I dati sono di Morningstar . Per aggiornamenti Clicca qui.