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I rialzi dei tassi inglesi continueranno?

Gli effetti del volto inglese sulla sterlina salvadenaro

Dopo la Bce anche la Bank of England ha alzato i tassi di interesse, portando l’indice primario dallo 0,25% allo 0,5%. Il primo in dieci anni.  Ne seguiranno altri nel 2018?

Ecco cosa ne pensa Richard Flax, Chief investment Officer di Moneyfarm

L’aumento dei tassi inglesi era in cantiere da tempo ma era stato rimandato a lungo, l’ultima volta in estate, in seguito al voto sulla Brexit, quando si temeva un reflusso dell’economia. Ma poiché nella politica monetaria è importante dimostrare di saper mantenere le promesse è estremamente importante. Per queste ragioni le pressioni erano cresciute sulla banca dopo che aveva promesso un rialzo dei tassi durante l’ultima riunione non poteva questa volta esimersi. Se dovessimo guardare i fondamentali, in realtà, si capisce come la decisione sia stata tutt’altro che facile. Nonostante l’inflazione si attesti al 3%, ben un punto percentuale sopra il livello obiettivo, i segnali che arrivano dall’economia sono tutt’altro che incoraggianti. La fiducia delle imprese è piuttosto bassa e la crescita va a rilento. A dire il vero, si ricordano pochissime occasioni in cui la banca centrale di un’economia occidentale abbia deciso di alzare i tassi in un contesto economico in cui sono presenti così tanti segnali di rallentamento. Le critiche non sono certo mancate sia da parte del mondo delle imprese, sia da parte di quello finanziario.

Quali saranno gli scenari futuri?

I mercati hanno interpretato lo statement come distensivo. Se è vero infatti che un rialzo dei tassi era ormai atteso, la BOE nel suo statement ha precisato che non esiste un programma definito per la normalizzazione dei tassi ma che si dovranno valutare gli effetti sull’economia. Tassi a lungo e sterlina si sono abbassati, questo vuol dire che i mercati avevano sovraprezzato le probabilità di futuri rialzi. È anche evidente che non esiste un piano preciso per continuare nella normalizzazione e non potrebbe essere altrimenti in un contesto economico così confuso con l’incognita Brexit sempre dietro l’angolo. I mercati prevedono tre rialzi entro il 2020, ma è evidente che non si tratta di un andamento credibile per quanto riguarda un ciclo di crescita dei tassi.

La Banca d’Inghilterra d’altronde non ha interesse a delineare delle tempistiche precise in una fase economica così incerta. Al contrario ci ha tenuto a specificare che ogni futuro aumento sarà “limitato” e “graduale”, indicazione di cui non si trova traccia nei minutes di settembre. Il Governatore Carney ha anche chiarificato che le prossime mosse della Banca d’Inghilterra non potranno fare a meno di tenere in considerazione l’evoluzione della partita Brexit. Si tratta sicuramente di un’affermazione di buon senso, anche se non si può fare a meno di notare che per un banchiere centrale, il cui compito dovrebbe essere quello di comunicare certezze, dover legare le sue politiche future a un processo caratterizzato da confusione non è certo qualcosa di invidiabile.

Lo scandalo di Theresa May e la Brexit

Nel frattempo il gabinetto di Theresa May, travolto da uno scandalo a luci rosse che ha coinvolto alcuni dei suoi membri più prominenti e ha portato alle dimissioni del sottosegretario alla difesa Fallon, sembra più debole che mai. Il partito conservatore è diventato un vero e proprio vespaio, nel quale giornalmente i membri si accusano e delegittimano a vicenda, spesso inseguendo interessi personali o di fazione. Di certo non si tratta della situazione ideale nel quale trovarsi quando si conta su una maggioranza risicata. Anche sul fronte Brexit, la nuova linea più conciliante adottata dalla May (che si è declinata in un cambio dei negoziatori che avverrà da qui a poche settimane) sembra essere stata accolta in modo tiepido da Bruxelles, che ha lanciato a Londra un nuovo ultimatum di un mese per dare garanzie riguardo al conto economico del divorzio. Mentre la scadenza di marzo 2019 – data nella quale il divorzio tra l’UK e l’Europa diventerà ufficiale –  si avvicina, l’antipatica sensazione che il Governo abbia deciso di accelerare sulla Brexit senza realmente avere un piano diventa sempre più diffusa.

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